Carissimi fratelli,
il Signore vi dia pace!

Con questo messaggio di Natale desidero farmi vicino a ciascuno di voi, a ciascuna comunità, a ciascuna provincia, custodia, delegazione, missione, come pure desidero rendermi presente in ciascuna delle iniziative che portate avanti, nelle difficoltà che state vivendo, nelle sfide che state affrontando, nei progetti che incarnate. Il Natale è tradizionalmente una festa di famiglia e noi Francescani Conventuali lo siamo! Celebriamo, dunque, la vita del Signore che viene per rendere nuove tutte le cose, e nella vita di Dio rinnoviamo la nostra vitalità.
Oggi posso affermare che ci sono molti segni di vitalità nell’Ordine: in alcuni luoghi è evidente la vitalità numerica (giovani presenze che crescono); in altri, la vitalità è rappresentata dalla maturità della vita religiosa, risultato di tanti decenni di seria formazione permanente che consente un’esperienza serena del carisma; in altri luoghi ancora, la vitalità prende la forma della creatività e del coraggio, specialmente in relazione alla Nuova Evangelizzazione e al modo in cui le comunità cercano di dare una risposta “francescana” al vortice di cambiamenti socio-politici a cui è sottoposto il nostro mondo. Allo stesso tempo, battute d’arresto e limitazioni sorgono non di rado all’interno della nostra fraternità. Si tratta di qualcosa che non ci sorprende, ma che ci muove all’azione: la vita è di per sé complessa, ma come religiosi siamo chiamati a reagire con lucidità e serenità, con l’apprendimento e la conversione.
I tempi liturgici di Avvento, Natale ed Epifania celebrano il mistero sempre in atto di Dio che viene continuamente nella nostra storia concreta, nella vita così com’è. Certo, si celebra la venuta di Dio nella carne, ma in una tensione escatologica colma di speranza: una tensione verso il giorno del ritorno del Maestro, in cui tutto sarà chiaro nel Signore. In un tempo che è insieme storico ed escatologico, invochiamo l’aiuto dell’Alto, per poter vivere le situazioni di ogni giorno con spirito di vigilanza e intelligenza evangelica, con amore, senza turbamenti.
Nel contesto delle feste di Natale e dell’Epifania, desidero dunque offrire alcune semplici riflessioni per confermarci in ciò che crediamo e professiamo.

 

  1. Indossare le armi della Luce

Coloro tra noi che hanno già sulle spalle diversi decenni di vita comprendono bene che il conflitto fa parte della storia e che è uno dei grandi misteri del mondo. Lo stesso mondo, ad esempio, che è stato in grado di superare guerre, sterminio e dittature; che ha dichiarato i diritti umani ed è cresciuto nella consapevolezza democratica e partecipativa … ora sembra tornare al suo stesso vomito e riproporre li stessi dinamismi disumanizzanti. Dinamismi che sembrano – purtroppo – pensati e programmati da qualche centro di potere.
La stessa cultura che una volta ha saputo accogliere Cristo, ora sembra scegliere di rifondarsi nella negazione del significato trascendente della vita e, più specificamente, nel rifiuto sistematico dell’umanesimo cristiano.
Ma se l’analisi di questi eterni ritorni della storia e delle loro cause ci scoraggia, la fede, tuttavia, ci illumina. Sappiamo e crediamo che “il Signore riunisce tutti i popoli e sarà giudice tra le nazioni” (cfr. Is 2,1-5) e che “il giorno è vicino”. In questa certezza, il Signore ci chiede di “indossare le armi di luce” (cfr. Rom 13,11-14); di svegliarci alla fede per generare e testimoniare le opere della Luce.
Come credenti, la nostra risposta al mondo non deriva semplicemente da ciò che ricaviamo dell’analisi della realtà, ma dalla Luce generata da Cristo. La nuova umanità è Cristo, ed Egli ci precede. Crediamo che Egli illumina tutte la realtà che siamo chiamati ad affrontare in modo responsabile. Il risveglio implica anche il nostro rivolgerci al mondo con una luminosità che è al contempo credente ed evangelica. La sfida è per noi quella di collaborare con umiltà ma anche con operatività per far emergere il “nuovo” a partire dalla Giustizia del Signore. Forse la nostra prima “opera”, il nostro primo impegno come frati francescani è quello di allontanarci (il “non aggiungersi”) agli oscuri dinamismi di turno: al contrario, siamo chiamati a vivere la trasparenza evangelica per testimoniare la Luce che viene dall’alto.

 

  1. Il mistero della speranza

La trasparenza evangelica è un segno umile ma luminoso, ed è portatrice di speranza per il mondo.
È sempre profetico parlare di “speranza”. Per i credenti, tuttavia, la speranza non nasce da una visione “volontaristica” o ingenua della realtà, ma è un dono di Dio, un dono teologale. Gesù ci salva e ci chiama a perseverare nella speranza (cfr. Rom 15,4-9), che è il frutto gratuito della salvezza. È dono dello Spirito.
Non sono sicuro che, come Ordine, siamo guidati da forti desideri profetici. Forse dovremmo crescere molto di più nella profezia della santità personale e comunitaria, nella profezia della donazione martiriale (seguendo l’esempio dei nostri fratelli che hanno dato la vita attraverso il martirio cruento); nella profezia dell’“essere evangelicamente alternativi” di fronte alle tentazioni mondane; nella profezia del rigettare i sistemi di ingiustizia che dominano le nazioni; nella profezia dell’“essere una controproposta” dinanzi alla spinta di qualsiasi imposizione culturale; nella profezia del dialogo e della tolleranza dinanzi a coloro che impongono una discriminazione religiosa o razziale.
L’invocazione del dono di Dio e la perseveranza nella via del Vangelo ci aiutano a rimanere lucidi nella speranza profetica. Il Signore, che viene continuamente nel mondo, mantiene chiare le sue parole: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, il nostro Dio viene a salvarci “(cfr. Is 35, 1-6,8-10); “Convertitevi e credete nel Vangelo” (cfr. Mt 3,1-12).
Gli spazi di novità non sono principalmente strategie, ma un “atteggiamento credente” e umile accoglienza dello stile di Gesù. Meditiamo e assimiliamo il Vangelo in comunità, perché questa è una “possibile origine di novità e speranza” per tutti noi.

 

  1. “Farci cammino”: missione e vita come processi

Durante tutto il ciclo festivo natalizio ascoltiamo con insistenza la chiamata a rafforzarci nella pazienza storica: “Siate paziente, rafforzate i vostri cuori perché la venuta del Signore è vicina” (cfr. Gc 5,7-10). Vedo con piacere che l’Ordine cresce nella consapevolezza che la missione non si traduce in “eventi” ma in “processi” sviluppati in piccole o grandi periodi della storia. La storia, del resto, non è una semplice sequenza di eventi, ma un processo continuo, un “viaggio”, un “itinerario”: è vita in cammino.
L’evangelizzazione non si basa su una proposta di “nicchie”, ma sull’offerta di “percorsi”. Lo stesso vale per tutta la nostra vita religiosa, che non è costruita come una sequenza di passaggi, di tappe o nel superamento di gradini ascendenti, ma piuttosto come un percorso disciplinare: fin dalla formazione iniziale siamo sempre in cammino di conversione. Il discepolato è soprattutto questo: un percorso, un itinerario mosso dalla fede e orientato verso il Regno.
Il Regno sarà pieno solo alla fine dei tempi. Nel frattempo, ciò che facciamo è “camminare verso” e farci noi stessi “cammino” in Cristo, come ci insegna nostra sorella Chiara d’Assisi: “Perciò l’Apostolo ammonisce: «Conosci bene la tua vocazione» (cfr. 1 Cor 1,26). Il Figlio di Dio si è fatto nostra via; e questa con la parola e con l’esempio ci indicò e insegnò il beato padre nostro Francesco, vero amante e imitatore di lui” (SANTA CHIARA D’ASSISI, Testamento).
Il discepolato è un cammino di apprendimento e sviluppo della “conoscenza evangelica”, in particolare la “conoscenza” dell’umanità di Cristo. L’umanità di Cristo ripristina le nostre relazioni e rinnova la nostra missione. Il tempo ci chiama a proporre noi stessi come “percorsi credibili di umanizzazione nella fede”: percorsi di incontro col Gesù del Vangelo fatto Chiesa.

 

  1. Le implicazioni della Natività: festeggiare per cambiare

“Una vergine concepirà il Dio-con-noi” (Is 7, 10-14) … “È nato da Davide secondo la carne” (Rm 1,1-7) … “Gesù nascerà da Maria, dalla discendenza di Davide” (Mt 1,18-24).
L’arrivo del Figlio di Dio nella storia ha creato un “prima” e un “dopo”. Allo stesso modo, la celebrazione sacramentale di una tale nascita ci spinge a cambiare, specialmente nella vita. Ogni segno, ogni tema natalizio si fa per noi vita. Propongo qui alcuni “temi” natalizi (tratti da maestri di spiritualità e pastorale) che possono aiutarci in modo pratico e concreto.
L’attesa è uno di questi temi. La Vergine “attende” il Figlio. Quella “attesa” illumina ciascuna delle “attese” del mondo, del nostro secolo, di coloro che anelano a un mondo migliore, della Chiesa stessa e del nostro Ordine. È opportuno chiedersi: cosa aspettiamo? Cosa aspettano i nostri giovani? Cosa si aspetta il mondo da noi? Maria offre il Salvatore al mondo: cosa offriamo noi oggi all’umanità?
La Pace è un altro tema tipicamente natalizio. Il problema della pace nel mondo è pane quotidiano. In questo tipo di Pace, il nostro posto è sicuramente quello della riconciliazione: anzitutto, la riconciliazione della nostra persona e in secondo luogo la riconciliazione con la comunità e con la società. La riconciliazione include questioni difficili e complicate come la pacificazione della nostra “carne”, della nostra affettività, del nostro stile di relazioni, del “modo” con cui ci proponiamo all’“altro”.
Maria è il grembo di una nuova umanità. Nell’immagine di Maria e della Chiesa, le nostre comunità sono chiamate esse stesse ad essere “grembo” di questa nuova umanità, e per questo siamo chiamati ad umanizzare i nostri cuori.
Gesù è nato da una Vergine. Come Maria, la Chiesa è chiamata a diventare madre mantenendo la sua “verginità”: ma cosa può significare vivere la verginità? Sicuramente possiamo dire che significa non invischiarci con poteri oscuri o con qualsiasi forma di corruzione; non mescolarci in situazioni “torbide”, in altre parole non assumere la logica di questo mondo.

 

  1. La modalità fa la differenza

Gesù non solo è venuto nel mondo: è venuto in umiltà. “Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori (Sal 61,9); umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati (Cfr. 1Pt 5,6; Gc 4,10). Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre” (SAN FRANCESCO, Lettera a tutto l’Ordine). Non è irrilevante la “modalità” con cui viviamo la sequela di Gesù, perché difficilmente potremmo essere trasparenza di Cristo se non incarniamo in noi lo stile che Lui stesso ha assunto nella storia. L’umiltà di Cristo garantisce “autorevolezza” all’intera costruzione della nostra proposta di vita e missione.

Con questi sentimenti, amati Fratelli, vi auguro un Natale felice e ricco di motivazioni.

Roma, 25 Dicembre 2019.

Fra Carlos A. TROVARELLI
Ministro generale

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