San Francesco d’Assisi ha avuto la grande delicatezza di dedicare un intero capitolo della Regola non bollata[1] ai frati malati, facendo notare che la loro assistenza è fondamentale all’interno della fraternità. In una delle sue Ammonizioni, il Poverello scrive: Beato il servo che tanto è disposto ad amare il suo fratello quando è infermo, e perciò non può ricambiargli il servizio, quanto l’ama quando è sano, e può ricambiarglielo (Am XXIV; FF 174).

In questi tempi, dove tutto è usa e getta, scartabile, dove ciò che non “produce” viene buttato via e abbandonato, le parole del Santo risvegliano le nostre coscienze e ci ricordano che il fratello non è importante perché produce, porta molto denaro alla casa o al convento, ma per il semplice fatto di essere una persona, un figlio di Dio e un fratello.

In questa società dei consumi, gli anziani, i malati, i fratelli con disabilità, i bambini, tra gli altri, sono quelli che hanno più da perdere. Ancora Francesco, in questo capitolo, menziona la regola d’oro: Se qualcuno dei frati cadrà ammalato, ovunque si trovi, gli altri frati non lo lascino senza avere prima incaricato un frate, o più di uno se sarà necessario, che lo servano come vorrebbero essere serviti essi stessi (Rnb X,1; FF 34)[2].

Oggi, come società, come fraternità, come comunità o famiglia, come stiamo trattando e servendo i nostri fratelli anziani e malati? Sono materiale di scarto? Osservate come lo Stato del vostro paese considera questo settore di persone, e vi renderete conto se è vero che i vostri politici sono interessati al popolo o meno.

Nelle riflessioni precedenti abbiamo parlato del servizio e del potere, della relazione con il superiore e viceversa, quindi consideriamo quanto segue: se un Provinciale o un superiore considera i suoi frati come “pezzi degli scacchi”, “macchine pastorali” o “tappabuchi”, certamente si “servirà” di quelli che possono rispondere alle esigenze del momento, caricando “i sani” con mille compiti, come muli da soma, fino a che non possono dare più, fino a che non siano più utili a causa dello stress, la stanchezza e la malattia; è chiaro che questo modo di procedere non risponde allo spirito di minorità, ma allo spirito del “ti adopero o non ti adopero, ma non mi interessa di te”.

Con questo capitolo, Francesco ci invita, dopo 800 anni, a recuperare le relazioni umane, a valorizzare il fratello non per la sua capacità produttiva, ma per il semplice fatto di essere mio fratello.

Il fratello malato è un altro Cristo che grida, un altro Crocifisso che ci invita e ci chiama a ricordare che siamo piccoli, fragili e che abbiamo bisogno gli uni degli altri. I fratelli malati ci insegnano il significato dell’amore e della pazienza. Ci decentrano e ci ricordano che non siamo Dio.

Fino alla prossima riflessione!

Fra Elio J. ROJAS


[1] Rnb X: FF 34-35
[2] Mt 7, 12